Con “le tre sentenze gemelle di San Giuseppe”, n.   2662 2664 e 2679   pubblicate  il 19.03.2024, il Consiglio di Stato, respingendo gli appelli dei ricorrenti originari e di conseguenza confermando sostanzialmente le tre corrispondenti sentenze del Tar Liguria n. 15-16-17 del 03.01.2023, ha definitamente spento gli ardori di coloro (tanti) che confidavano ancora nella proroga “Centinaio” al 31.12.2033 del governo “gialloverde” Conte1 (Legge 145-2018).

La questione, comune alle tre sentenze di primo grado, in buona sostanza riguardava l’asserita applicazione, sostenuta dai ricorrenti, alle concessioni demaniali in essere dell’art. 1, commi 682-683, della legge n. 145 del 2018, che prorogava la durata delle c.d.m. al 31 dicembre 2033.

Il Comune di Lavagna (GE) resistente eccepiva in primo grado l’improcedibilità del gravame per sopravvenienza normativa vedendo accolte dal  Tar Ligure le proprie istanze in quanto in pendenza di giudizio, l’art. 3 della legge n. 118 del 2022  abrogava le disposizioni della “Centinaio” invocate dalla ricorrente e fissava al 31 dicembre 2023 il termine finale di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della stessa legge (confermando, così, la soluzione elaborata dalle pronunzie dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 2021).

Il Consiglio di Stato (la sentenza presa in esame è la n. 2679-2024) ha fatto proprie le motivazioni del Tar regionale elaborando ulteriori profili motivazionali che si possono riassumere in questo modo:

– Come già chiarito dall’Adunanza Plenaria nelle richiamate sentenze n.17 e 18 del 2021, la proroga prevista dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, avveniva automaticamente, in via generalizzata ed ex lege, senza l’intermediazione di alcun potere amministrativo e di conseguenza risultavano totalmente ininfluenti “i singoli atti e/o provvedimenti degli organi politici /o amministrativi dei comuni che la recepivano e sull’ efficacia dei quali confidavano (e tutt’ora confidano) i concessionari balneari. Ergo nessun legittimo affidamento poteva (e può) ritenersi conformato ai concessionari da tali atti amministrativi.

– Infatti di tale proroga essi non avrebbero mai potuto beneficiare in quanto, come pure definitivamente chiarito dall’Adunanza Plenaria nelle sentenze nn. 17 e 18 del 2021, le norme legislative nazionali che hanno disposto la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, decreto legge n.34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020 – sono in contrasto con il diritto unionale e, segnatamente, con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.

Quindi nessun concessionario poteva beneficiare di una proroga inapplicabile perché in contrasto con il diritto dell’Unione, con la conseguenza che “l’effetto della proroga deve considerarsi tamquam non esset, come se non si fosse mai prodotto” (A.P. n. 17 del 2021).

–  Anche per la questioni degli indennizzi reclamati il Consiglio di Stato rimanda alle pronunce della Plenaria ribadendo che l’eventuale ammortamento degli investimenti sostenuti dovrà, ove ne ricorrano i presupposti, costituire oggetto di considerazione in sede di indizione delle procedure competitive di assegnazione delle concessioni.

– Dirimente (e diremmo tranciante in quanto applicabile in casi simili) anche il giudizio dei giudici di appello in ordine alla eccezione di inapplicabilità della direttiva Bolkestein al caso di specie sollevato (e sperato)  dai ricorrenti i quali sostenevano la “non scarsità della risorsa” spiaggia in loco: “Inoltre, dalla documentazione in atti non emerge alcuna evidenza idonea a comprovare la non esiguità della risorsa naturale nel territorio che viene in rilievo; invero, sono ravvisabili elementi suscettibili di deporre nel senso esattamente opposto a quello asserito dall’appellante, segnatamente riferiti alle caratteristiche geografiche e morfologiche rilevabili da fonti di generale divulgazione e alla circostanza che trattasi di una delle più significative località del Golfo del Tigullio”.

– Infine anche le vane speranze riposte da tutti i concessionari balneari sulla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione del 23 novembre 2023, n. 32559 vengono spazzate via in modo inesorabile nel momento in cui i giudici di appello non hanno ritenuto di rimettere ulteriormente la questio all’ Adunanza Plenaria: “Tale sentenza, infatti, ha rilevato il diniego di giurisdizione – in relazione, peraltro, alla sola sentenza n. 18 del 2021 dell’Adunanza Plenaria –, limitatamente al profilo della dichiarazione di inammissibilità degli interventi spiegati in detto giudizio da enti portatori di un interesse collettivo e da enti territoriali, senza quindi affrontare – stante l’assorbimento dei relativi motivi di ricorso – il tema della compatibilità con il diritto unionale della proroga automatica ex lege delle concessioni demaniali marittime.  I principi espressi dall’Adunanza Plenaria risultano, dunque, insuperati, non emergendo contrasti suscettibili di considerazione ai fini di una ulteriore rimessione ai sensi dell’art. 99 c.p.a..”

Ad maiora…..