Per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea l’art. 49 del Codice della Navigazione è compatibile con il diritto eurounitario.
Con sentenza depositata l’11 luglio 2024 nella causa C-598-2022, come era ampiamente prevedibile, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato conforme all’ ordinamento eurounitario l’art. 49 del Codice della Navigazione che prevede l’incameramento a favore dello Stato e senza alcun indennizzo per il concessionario scaduto delle “opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale”.
Recependo integralmente le conclusioni dell’ Avvocato Generale della C.G.U.E, Tamara Capeta depositate lo scorso febbraio, la CGUE ha dichiarato che il diritto di stabilimento (previsto dall’ art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’ Unione Europea -T.F.U.E.-) “non osta ad una norma nazionale secondo la quale alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.
La sentenza ribadisce inoltre “il divieto di perpetuazioni e/o proroghe e la necessità di procedure concorrenziali che pongano tutti i candidati e gli offerenti su un piede di parità”.
Altro punto fondamentale della sentenza ed imprescindibile per la tutela dei beni pubblici è quello che puntualizza che “il principio di inalienabilità implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono inoltre revocabili”.
Infine scandisce inequivocabilmente quello che da anni Mare Libero va dicendo e cioè che “il quadro normativo italiano applicabile, nel caso di specie, ad una concessione di occupazione del demanio pubblico fissa, senza alcun possibile equivoco, i termini dell’autorizzazione all’occupazione che viene concessa“.
Ne consegue che la SIIB (società ricorrente in primo grado c/o il Tar Toscana) non poteva ignorare, sin dalla conclusione del contratto di concessione, che l’autorizzazione all’occupazione demaniale che le era stata attribuita aveva carattere precario ed era revocabile.
Va inoltre sottolineato che lo stesso art.49 stabilisce che, in alternativa alla devoluzione dei beni al Demanio, l’Ente concedente, cioè il Comune, possa decidere per il pubblico interesse che la spiaggia venga riportata nel pristino stato, ovvero ordinare la demolizione delle opere inamovibili a spese del concessionario uscente. Nel caso questi non provveda nel termine stabilito, il Comune provvederà d’ufficio, in danno del concessionario uscente.
Tutti i concessionari italiani “scaduti” riversano nelle medesime condizioni della società che ha dato il là alla pronuncia della Corte lussemburghese e tale sentenza “stana e demolisce” una volta per tutte le mistificazioni e le bugie immesse appositamente nel circuito mediatico da anni dai balneari e dalla politica complice che li difende per tutelare i reciproci interessi politico-elettorali.
Un bel giorno per l’ordinamento giuridico, per la democrazia, per la tutela dei beni pubblici e per i diritti di tutti noi.