Regione Lazio – Proposta di Modifica al Regolamento Regionale 12 agosto 2016 n. 19 “Disciplina delle diverse tipologie di utilizzazione delle aree demaniali marittime per finalità turistico-ricreative” (Schema di Delibera 93 del 26.3.2025) – Osservazioni dell’Associazione Mare Libero – Litorale Romano
A premessa delle osservazioni che seguono, l’Associazione Mare Libero lamenta il mancato coinvolgimento nell’iter che ha portato alla delibera del 20.3.25 delle realtà portatrici di interessi diffusi nella cittadinanza, in particolare degli Enti del Terzo Settore, come richiesto dalla natura pubblica del bene[1] e dalla specifica normativa[2]. Al contrario di quanto avvenuto invece con le associazioni di categoria dei concessionari, portatrici di interessi sostanzialmente privati, che addirittura sono state chiamate a sottoscrivere la versione definitiva del documento prima dell’approvazione in Giunta[3].
A giudizio di questa Associazione, le più rilevanti modifiche proposte, in sintesi, attribuiscono sempre maggior spazio all’economia del mare, aumentando e agevolando il più possibile lo sfruttamento del demanio marittimo, già intensivo nel Lazio (oltre 1.000 concessioni[4] su ca. 250 km di litorale sabbioso, una ogni 250 metri in media), per lo svolgimento di attività economiche, non solo balneari, senza tener conto del loro impatto negativo a livello ambientale. L’occupazione degli spazi di arenile ancora liberi con altre strutture, la movimentazione di grandi quantità di sedimenti con mezzi meccanici, solo per citare le principali innovazioni proposte, vanno in direzione opposta alla necessità di una maggiore sostenibilità[5] delle attività antropiche sugli ecosistemi costieri, già molto fragili e gravemente esposti ai fenomeni di erosione e agli effetti dei cambiamenti climatici. Alcune modifiche inoltre vanno potenzialmente a diminuire le quote effettivamente fruibili di spiagge libere/libere con servizi.
Di seguito, con maggior dettaglio, i diversi punti di criticità rilevati nella proposta in oggetto:
– art.2 (Quota di riserva degli arenili).
Al comma 1, il proposto “mantenimento del fronte mare delle concessioni esistenti […] fino all’approvazione del nuovo piano di utilizzazione dell’arenile comunale (PUA)” non è adeguato a quelle situazioni dove non è rispettata la quota del 50% minimo di arenili destinati alla pubblica fruizione (come Nettuno, Sperlonga e Minturno[6]), in quanto impedisce, nelle more dell’approvazione dei PUA comunali, di ristabilire almeno l’equilibrio tra spiagge in concessione e spiagge libere o libere con servizi.
Il testo aggiunto con lo SD n.93 è da eliminare o da riformulare con la specificazione che “non si applica a quei Comuni nei quali non è garantita, per tutto l’anno, la quota minima del 50% di spiagge a libera fruizione”.
Al comma 2.bis viene inserita la possibilità per i Comuni “di delocalizzare le aree in concessione […] a seguito di fenomeni erosivi”. Tale possibilità, che ovviamente non può che incidere sulle spiagge non in concessione, va comunque a detrimento della quota di spiagge libere o libere con servizi. Il fenomeno dell’erosione costiera, come certificato da ISPRA nel 2024[7] e riportato da Legambiente (su dati ISPRA) nel suo Rapporto Spiagge Lazio 2024[8], ha prodotto nel Lazio tra il 2000 e il 2020 la perdita dell’11,7 % di arenili, con punte del 14,7% nella provincia di Roma. Quindi una quota sempre crescente di spiagge si va assottigliando (la stima di ISPRA è di una profondità media degli arenili di soli 35 m) e le delocalizzazioni avranno come effetto di destinare alla pubblica fruizione gli arenili che hanno minore estensione in profondità, in quanto il calcolo del 50% di quota minima è fatto non sulle superfici ma sui metri lineari di fronte mare[9]. In prospettiva, quindi, un trend di delocalizzazioni porterebbe:
a) a esaurire la quota residua di spiagge a libera fruizione nei Comuni dove essa è ancora superiore al 50% minimo;
b) in quei Comuni con una quota di spiagge destinate alla libera fruizione al limite del 50%[10] (come Roma, Anzio, San Felice Circeo, Terracina, Formia), con l’eventuale scambio tra spiagge in concessione da delocalizzare e libere, ad assegnare sempre più a queste ultime le porzioni di arenile meno profonde ovvero quelle maggiormente interessate da opere rigide di difesa (barriere soffolte, pennelli ecc.) e quindi meno fruibili. Con ciò verrebbe ad aggravarsi una situazione già presente su molte coste, dove tutte le spiagge più belle e facilmente accessibili sono in concessione.
Il testo aggiunto con lo SD n.93 è da eliminare.
art. 4 (Requisiti e caratteristiche degli stabilimenti balneari)
Al comma 1, dopo le parole “requisiti funzionali e strutturali” si dovrebbe aggiungere ”anche nel rispetto di quanto previsto dalla legge 5.2.1992 n. 104”. Tale norma, al comma 3 dell’art. 23, recita infatti: “Le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione e i loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti […] e all’effettiva possibilità di accesso al mare delle persone con disabilità”.
È evidente che la norma di per sé impone l’eliminazione di ogni barriera a prescindere dalle eventuali condizioni di disabilità dei frequentatori degli impianti (cosa ancora che purtroppo non è rispettata in molti stabilimenti), senza necessità di alcuna ulteriore specificazione, come invece proposto nei punti d), f) e g) della SD n.93. Identica modifica va apportata anche al comma 1 dell’art.5 e dell’art.9.
Ai commi 1.bis e 1.ter viene concesso ai “manufatti stagionali di servizio” destinati “a punto di ristoro e servizi” di occupare una superficie pari al 5% di quella complessiva della concessione, se inferiore a 10.000 m2, se invece di “ampiezza superiore ai diecimila metri quadrati o un fronte mare superiore a cento metri lineari, il PUA può prevedere manufatti con caratteristiche dimensionali e strutturale più adeguate alle esigenze specifiche dei servizi in tali aree”. Inoltre “è consentita l’installazione di pedane e percorsi di collegamento” ai punti di ristoro, “escluse dal computo delle superfici coperte” e con “dimensione massima del 5% della superficie assentita”. Infine “al di fuori delle pedane sugli arenili in nessun caso potrà essere esercitata attività di ristorazione”.
I due commi presentano molteplici aspetti di criticità.
Innanzitutto appare poco saggio fissare percentuali di superficie occupabili da strutture sulle spiagge, che notoriamente sono aree soggette a variazioni, spesso di notevole entità, non solo per le dinamiche naturali, quelle stagionali e quelle causate dagli effetti di eventi metereologici estremi, sempre più frequenti nel Lazio[11], ma anche di origine artificiale, come i ripascimenti.
Le variazioni di superficie sopraggiunte dovrebbero essere monitorate periodicamente dagli Enti concedenti, anche per la revisione degli elaborati descrittivi allegati ai PUA comunali, con notevole dispendio di risorse e senza la garanzia del rispetto delle percentuali consentite.
Fatta questa doverosa premessa, l’occupazione di un’ulteriore 10% di superficie complessiva determinata da manufatti stagionali e pedane, che va ad aggiungersi a quella occupata dalle altre strutture e dalle cabine, rischia di saturare completamente le spiagge. I dati del rapporto ISPRA citato, riferiti alla Regione Lazio nel 2020, mostrano una percentuale di superficie di spiagge con attrezzature balneari dell’88% rispetto alla superficie totale di spiaggia (603 ettari su 693,6 totali), dato superiore alla media nazionale. L’ampliamento (potenzialmente a dismisura nelle concessioni più grandi dove non vengono fissati limiti) di manufatti e attrezzature, come previsto nel SD n.93, porterebbe in molti casi a saturare l’intera superficie in concessione. La presenza estesa di manufatti rigidi sull’arenile contribuisce a diminuire la sua resilienza ai fenomeni erosivi, poiché la spiaggia costituisce “il più efficace metodo di difesa costiera per la sua capacità dinamica di adattarsi al moto ondoso e dissiparne l’energia anche negli eventi estremi “(rapporto Legambiente, cit.).
Le pedane “comprensive anche di eventuali zone d’ombra”, dove si intende che verrebbe esercitata l’attività di ristorazione, “sono escluse dal computo della superficie coperta” e di conseguenza dal calcolo degli oneri concessori relativi, quindi equiparate a superficie libera pur essendo luoghi ove si svolgono redditizie attività commerciali. Con ciò si consente di minimizzare i canoni demaniali e con essi anche la quota addizionale del 15% per la Regione, che potrebbe essere destinata agli altri servizi per la collettività.
Infine, pur nella definizione del carattere stagionale di manufatti e pedane, non vi è alcun riferimento al periodo ammesso di permanenza sugli arenili, che dovrebbe di norma essere limitato appunto alla stagione balneare. Senza questa specifica, nell’ottica del PUA regionale che mette tra i suoi principali obiettivi la destagionalizzazione delle attività, i manufatti “stagionali” (peraltro da “graficizzare” nelle Tavole dei PUA comunali – comma 1.bis) potrebbero facilmente diventare “stabili”.
Anche il comma 2.bis aggiunto in modifica all’art. 18 va in questa direzione, laddove vengono ammesse per tutto l’anno attività diverse dalla balneazione.
Alla luce di queste considerazioni, le modifiche introdotte con i commi citati del SD n.93 vanno eliminate o completamente riformulate, in direzione di una DIMINUZIONE e NON DI UN AUMENTO della superficie di arenili occupata dai manufatti, stabilendo per esempio delle premialità in sede di bando di gara, per il passaggio da una tipologia concessoria “Stabilimento Balneare” alla tipologia “Spiaggia Libera con servizi” e comunque fissando nel Regolamento l’OBBLIGO DI RIMOZIONE DELLE STRUTTURE AMOVIBILI al termine della stagione balneare.
Si propone, in alternativa, l’inserimento del seguente comma 1.bis nell’art.11 (Interventi di recupero e riqualificazione): “I Comuni, nella redazione dei PUA, tenuto conto della esigenza di assicurare la maggiore sostenibilità ambientale degli impianti, in particolare di quelli di cui agli art. 4 e 9, prevedono una graduale transizione dalla tipologia “Stabilimenti Balneari” a quella “Spiagge libere con servizi”, anche adottando specifiche premialità nelle procedure competitive di cui all’art. 14”.
art.16 (Disposizioni comuni)
Nei commi 3 e 4 viene assentita la realizzazione di “barriere di sabbia” ovvero “banchi di sabbia” tra una stagione balneare e l’altra, al fine sottinteso di proteggere le strutture degli impianti balneari. Tali barriere, le cui dimensioni massime non vengono definite (per esempio: quanto possono essere alte?), verrebbero realizzate con sabbie prelevate localmente, essendo escluso “l’apporto di materiale” esterno. Su tali pratiche sono chiare le indicazioni delle “Linee Guida Nazionali per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici”[12].
Infatti, nel capitolo dedicato alla “Riduzione delle perdite- Gestione dei sedimenti di spiaggia- Realizzazione di argini invernali di protezione”, si legge che “tali opere temporanee costruite per la difesa dalle mareggiate vengono realizzate utilizzando sabbia proveniente dalla battigia e dall’avanspiaggia. Questa modalità non corretta crea effetti negativi sulla dinamica litoranea andando ad aumentare la pendenza della spiaggia e diminuendo al contempo la resistenza della stessa alle mareggiate. La movimentazione della sabbia dalla battigia verso l’interno è in generale sconsigliata perché comporta la modifica del profilo trasversale di spiaggia con aumento della pendenza, riduzione dell’ampiezza e quindi maggiore esposizione alle mareggiate. A seguito della movimentazione, il mare riforma il profilo naturale della battigia a scapito del fondale antistante che si approfondisce. L’effetto prodotto è una minore capacità di smorzamento dell’energia del moto ondoso in caso di mareggiata, anche ordinaria.[…] Se protette da barriere frangiflutti, solo una piccola parte del materiale mobilizzato dalle mareggiate verrà riportato successivamente dal mare a ripascere la spiaggia, mentre l’altra parte rifluisce lungo i canali scavati dalla risacca fra le barriere e viene disperso davanti alle stesse su fondali più profondi e difficilmente può essere recuperato e riportato alla spiaggia. Quando in primavera tali opere vengono rimosse, il materiale viene steso sulla spiaggia e spesso anche in acqua in modo da aumentare la superficie della spiaggia emersa. Anche questa pratica, non corretta, comporta una maggiore mobilizzazione dei sedimenti e quindi una ulteriore via di perdita”.
È chiaro quindi che dare avallo regolamentale a tali pratiche, sconsigliate perché dannose in quanto aumentano l’erosione, costituisce un grave rischio per la resilienza degli arenili. Nella quasi totalità dei casi la sabbia per realizzare le “barriere/banchi” viene prelevata con mezzi meccanici dal lato della battigia, spesso addirittura direttamente dall’acqua. Del resto non sarebbe possibile altrimenti, in quanto dal lato delle strutture, manufatti e cabine (che si intenderebbe con tali pratiche proteggere dalle mareggiate), è praticamente impossibile effettuare prelievi di sabbia, in particolare con mezzi meccanici. L’effetto, come si legge, è ulteriormente aggravato dalla presenza di barriere frangiflutti, già presenti in molte località della regione e la cui realizzazione costituisce attualmente il principale strumento con il quale la Regione Lazio, Area difesa della Costa, intende attuare la difesa dall’erosione.
Al comma 5 la modifica estende l’utilizzo dei mezzi meccanici (non meglio specificati) anche per la realizzazione delle “barriere” o “banchi” oltre che per la pulizia della spiaggia, utilizzo per il quale è sufficiente una semplice comunicazione al Comune competente.
Tale utilizzo dovrebbe invece essere di norma vietato poiché la movimentazione in spiaggia con ruspe, trattori e bulldozer cingolati sconvolge la struttura del suolo e le comunità animali e vegetali presenti sugli arenili, oltre a contribuire alla perdita di sedimenti, sia nelle operazioni di pulizia (si stima che venga asportata una quantità di sabbia pari dal 30% al 70% del volume dei rifiuti raccolti – dati MATTM Regioni, 2018, cit.) che in quelle di movimentazione della sabbia, con la disgregazione meccanica in frammenti, che ne favorisce il trasporto con il vento (erosione eolica).
L’utilizzo di mezzi di grandi dimensioni, infine, può costituire un potenziale rischio anche per la sicurezza, anche laddove le spiagge non sono particolarmente frequentate.
Il testo aggiunto con lo SD n.93 è da eliminare.
art. 20 (Stato di attuazione del regolamento)
La modifica del comma 1 e la cancellazione del comma 2 di fatto riducono le funzioni di controllo e vigilanza sul rispetto del Regolamento da parte dei Comuni ad una generica attività di monitoraggio. In particolare viene a cadere l’obbligo, previsto dall’art.19 comma 2 del Regolamento, di inviare annualmente alla Commissione consiliare permanente i dati relativi alla distribuzione degli arenili di competenza tra spiagge in cui è possibile rilasciare concessioni e spiagge libere o libere con servizi, privando la Commissione di uno strumento essenziale per valutare la rispondenza di tali quote alle prioritarie esigenze di interesse generale per la cittadinanza, in primis la rimozione di ogni ostacolo al libero e gratuito accesso alle spiagge e al mare.
La modifica introdotta con lo SD n.93 è da eliminare.
Allegato: Rapporto Spiagge Lazio 2024 – Legambiente Lazio
Associazione Mare Libero – Litorale Romano
3 giugno 2025
ass.mare.libero@gmail.com
[1] Vds. Ordinanza del Sentenza Consiglio di Stato 2543/2015 “Rilevato che il demanio marittimo è direttamente e inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva, cui è naturalmente destinato, rispetto alla quale l’esclusività che nasce dalla concessione costituisce eccezione”.
[2] Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n.117, art. 55
[3] https://latinatu.it/balneari-sottoscritta-la-proposta-di-modifica-del-regolamento-regionale-per-le-aree-demaniali/
[4] Come riportato nell’Albo delle Concessioni D.M. – Delibera G04589 del 19.04.2024 (BUR Lazio n.34 del 26.04.2024)
[5] Vedi le Direttive europee in materia, in particolare la “Gestione Integrata delle Zone Costiere – GIZC” (in particolare art. 6 comma d), art. 8 comma 3. punti c) e d), art. 9 comma d) e art. 10, comma 4) e, da ultimo, la “Nature Restoration Law”
[6] Vedi nota 4
[7] https://www.isprambiente.gov.it/it/istituto-informa/comunicati-stampa/anno-2024/linea-di-costa-in-italia-120-km2-di-superficie-complessiva-di-spiagge-oltre-due-terzi-nelle-regioni-del-sud-e-nelle-isole-maggiori
[8] https://cdn.ilfaroonline.it/wp-content/uploads/2024/07/Rapporto-Spiagge-Lazio-2024_compressed.pdf
[9] v. L.R. 8/2015, art. 7, comma 5 e R.R. 19/2026, art. 1 comma 2.c
[10] Dati desunti dal PUA regionale (delib. Del Consiglio Reg. 26.5.21, n. 9 – BUR Lazio n. 72 del 20.7.21)
[11] https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Report_Spiagge_2024.pdf
[12] Linee Guida prodotte dal Lavoro del Tavolo Nazionale sull’Erosione Costiera tra MATTM e Regioni, con il coordinamento tecnico di ISPRA, 2018