Il Coordinamento Nazionale Mare Libero APS (di seguito CoNaMaL) chiede di interloquire sui seguenti punti in ordine all’applicazione della direttiva europea cd. Bolkestein e alla luce delle recenti sentenze del Consiglio di Stato in Adunanza plenaria, n. 17 e 18/2021 del 20 ottobre 2021, le quali non lasciano spazio a dubbi su quali debbano essere le coordinate future dell’azione politica nazionale:

  1. Occorre immediatamente una nuova legge che non sia “in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art.12 della direttiva 2006/123/CEE” .Tale legge di riordino deve necessariamente passare al vaglio della Conferenza Stato Regioni: l’ indirizzo di politica generale che scaturirà da tale atto normativo è infatti suscettibile di incidere nelle materie di competenza regionale (presa d’atto fondamentale delle situazioni diverse da regione a regione delle attuali realtà demaniali) e a cascata negli atti di pianificazione e nelle politiche amministrative dei comuni costieri, che ricordiamo sono gli enti delegati al rilascio delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo e che saranno coloro che dovranno gestire le pubbliche evidenze sui territori di competenza.

 Alle consultazioni, propedeutiche la stesura delle norme di revisione e adattamento del sistema delle concessioni demaniali marittime, è imprescindibile la partecipazione delle associazioni di rilievo nazionale che siano rappresentative di interessi diffusi strettamente connessi alla materia in oggetto, quali associazioni ambientaliste, quelle a tutela dei consumatori e il CoNaMaL, quale soggetto rappresentativo dell’interesse diffuso alla tutela dell’ambiente marino e costiero. Chiediamo pertanto una procedura formalizzata in legge che garantisca la partecipazione piena e sostanziale ad ogni tavolo di concertazione nazionale, regionale e comunale che abbia ad oggetto la materia del demanio marittimo necessario, nonché ad ogni procedimento che, a tutti i livelli amministrativi, venga posto in essere al fine dell’emanazione di qualsiasi atto avente ad oggetto la materia di cui sopra[1].

  1. Nelle norme e modalità nel nuovo sistema di gestione degli arenili occorrerà adottare in premessa, quale principio fondamentale e agli altri sovraordinato, la finalità della tutela della costa e delle spiagge[2]; l’adozione, da parte delle amministrazioni comunali di progetti di utilizzo che prevedano la progressiva rinaturalizzazione degli arenili, la decementificazione delle spiagge ovvero l’obbligo di impiegare in via esclusiva strutture smontabili in legno, la protezione degli habitat e della biodiversità. Per l’elaborazione dei progetti di protezione della costa dai fenomeni di erosione e di innalzamento del livello del mare, che in via di principio dovranno escludere la realizzazione di opere rigide, nello spirito delle linee guida eurocomunitarie adottate già dal Ministero dell’Ambiente, dovranno essere istituite squadre tecniche composte da esperti quali geologi, biologi, ingegneri idraulici ecc.
  1. Tale legge deve necessariamente contenere il dogma che il demanio marittimo è un bene pubblico e che il suo utilizzo se pur in concessione deve tenere conto innanzitutto degli interessi dei cittadini come ben canonizzato sempre dall’art..12 della direttiva 2006/123 che tra i criteri da tenere in considerazione sancisce : “che la procedura di selezione dei candidati potenziali presenti garanzie di imparzialità e trasparenza;  avere considerazioni in materia  di salute pubblica; avere obiettivi di politica sociale; tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi; avere protezione e salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale”.  In quest’ottica, la normativa dovrà sancire il carattere di eccezionalità della concessione rispetto alla funzione di libera fruizione collettiva cui gli arenili sono naturalmente destinati, escludendo la possibilità che ad essere oggetto della concessione possa essere un’area demaniale, bensì, al più, i servizi di pubblica utilità previsti su di essa. I servizi erogabili su area demaniale, in un’ottica di di sostenibilità ambientale, dovranno essere individuati per legge: noleggio ombrelloni, sdraio e lettini, piccola ristorazione, bagni pubblici, assistenza bagnanti; laddove possibile, potrà essere ammesso il servizio di noleggio natanti. L’insistenza di una concessione di servizi su un’area demaniale non potrà in alcun modo precludere la libera e gratuita fruizione, al pari di quanto avviene ad es. nei parchi pubblici.
  1. La legge di riordino nazionale dovrà anche garantire una quota minima di spiagge libere[3], da quantificare e individuare, secondo criteri nazionali omogenei, in ciascun comune costiero. Riteniamo che essa non debba essere inferiore al 50% del totale di arenile balneabile in ogni ambito omogeneo. Gli enti locali territoriali (Comuni) potranno nei loro piani urbanistici attuativi aumentare detta percentuale a seconda delle peculiarità delle loro coste, ma non diminuirla.
  1. Rispetto alle concessioni di servizi, e non di aree demaniali come specificato al punto 3), dovranno valere i seguenti criteri[4]:
    1. la durata massima delle concessioni non deve eccedere i 5 anni[5];
    2. dovrà essere istituito il divieto di partecipare a gare per più di una concessione nello stesso Comune;
    3. Si dovranno prevedere meccanismi normativi che impediscano nel corso della durata delle concessioni il mercimonio dei beni demaniali e il monopolio in capo a più soggetti, persone fisiche e/o giuridiche, in quanto la “guida” deve sempre essere la finalizzazione al pubblico interesse del bene demaniale. Quindi nessuna tipologia di sub-concessioni, affidi o altri meccanismi di passaggio tra concessionario e terzi pena la decadenza immediata del titolo concessorio. Dovrà essere istituito il divieto di trasferire in tutto o in parte quote della società (di persone o di capitali) assegnataria della concessione senza il consenso preventivo dell’Amministrazione concedente[6];
    4. dovranno essere anche forniti dei prezzi calmierati dei servizi di spiaggia con la consapevolezza che essi potranno variare da regione a regione (comune a comune) in quanto la fruizione delle spiagge deve essere un servizio pubblico universale, e per questo omogeneo su tutto il territorio nazionale.
  1. Il concessionario che si aggiudica la gara ad evidenza pubblica dovrà attenersi alle esatte disposizioni contenute nei PUA/PUAD/PUD del Comune interessato o comunque dal singolo atto concessorio, ovvero prendere in gestione gli eventuali manufatti/pertinenze demaniali presenti sugli arenili, senza apportarvi modifiche e senza effettuarvi investimenti di sorta (con eventuale accensione di mutui/ipoteche), ed eroga i servizi previsti dal Comune. Eventuali lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria dovranno essere espressamente autorizzati dall’Amministrazione concedente.
  1. Il servizio di salvamento dovrà essere sottratto alle logiche corporative delle associazioni dei balneari e ricondotto nell’alveo delle pubbliche amministrazioni quale pubblico servizio. Il comparto dei lavoratori spiaggia dovrà essere disciplinato riconoscendo le giuste tutele ai prestatori di lavoro con un salario minimo adeguato ai contratti previsti dagli ordinamenti in vigore.
  1. I criteri concessori dovranno premiare la sostenibilità ambientale “forte” degli stabilimenti balneari. A tal punto è necessario confermare come elemento non negoziabile nelle trattative politiche l’art. 49 del Codice della Navigazione ai sensi del quale tutte le opere di non facile rimozione che insistono sul demanio marittimo, devono essere immediatamente incamerate e divenire patrimonio dello Stato. Fondamentale sarà la cooperazione tra Guardia Costiera, Agenzia del Demanio ed enti locali.
  2. Il concessionario uscente, alla scadenza del termine previsto (anche quelli il cui termine è stato fissato al 31.12.2023), dovrà quindi riconsegnare le opere/manufatti ricadenti sulla spiaggia, fatta salva la facoltà della Amministrazione concedente di richiedere la messa in pristino stato (art. 49 del CdN), ovvero la rimozione a cura del concessionario uscente non solo delle opere prive di titolo edilizio valido, ma anche delle opere non ritenute di pubblico interesse o con negativo impatto sull’ambiente o sul paesaggio. Laddove la porzione di d.m. già oggetto di concessione dovesse risultare, nella pianificazione comunale, destinata alla quota di libera fruizione, dovranno essere rimosse a cura del concessionario uscente tutte le opere di facile e difficile rimozione, ad eccezione di quelle ritenute strettamente necessarie (es. chiosco bar/servizi igienici) da parte della Amministrazione concedente[7].
  1. Tale normativa dovrà rivedere i criteri di determinazione dei canoni concessori che dovranno rispettare il valore reale del bene oggetto di concessione e questa attribuzione dovrà necessariamente essere concertata con gli enti politici territoriali, regionale e comunali. È necessario stabilire a livello nazionale il principio, modulabile anch’esso con le varie aliquote regionali, che gli Enti Locali concedenti sono onerati del maggior sforzo logistico, pianificatorio e finanziario nella gestione delle concessioni e questo dato di fatto deve trovare riconoscimento in un corposo aumento delle entrate erariali devolute a tali enti, rispetto a quello odierno anche in prospettiva di altri servizi pubblici che dovranno essere ricondotti, come quelli di salvamento, alla loro competenza.
  1. Al concessionario uscente non dovrà essere corrisposto alcun indennizzo per legittimo affidamento, in particolare sulla proroga al 2033, né sarà dovuto alcun corrispettivo dal concessionario subentrante legato al cd. valore d’impresa[8]. Per quanto riguarda il legittimo affidamento funzionale ad ammortizzare gli investimenti in “gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni legate a motivi imperativi d’interesse generale”, precisando però che si possa tenere conto di tali considerazioni “solo al momento di stabilire le regole della procedura di selezione dei candidati potenziali“ e che comunque è necessario al riguardo “una valutazione caso per casoche consenta di dimostrare che il titolare dell’autorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione e ha effettuato i relativi investimenti” (sentenza Promoimpresa Corte Giustizia 14.07.2016). Quindi nessuna “buonuscita” generalizzata agli eventuali concessionari uscenti e indennizzo “solo ove ne ricorrano i presupposti”. La giurisprudenza italiana  (Consiglio di Stato n. 7874 del 2019) applicando nelle sue pronunce tale principio ha stabilito la linea di demarcazione tra la buona e mala fede (e quindi tra il legittimo e non legittimo affidamento ) alla data del 26 marzo 2010, quando con D.lgs. n. 59 è stata recepita la Direttiva Bolkestein nel nostro ordinamento, lo stesso periodo della prima proroga al 31.12.2015. Da quel momento in avanti siamo entrati in regime di “affidamento non tutelabile” per tutti gli investimenti.  Il “valore commerciale dell’impresa balneare” o rientra in questi parametri dell’indennizzo euro-orientato definito con precisione dall’ Adunanza Plenaria, oppure rimane in contrasto con il diritto U.E. e quindi non può avere il diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento.

Al concessionario uscente non verrà assegnato alcun titolo/punteggio preferenziale in sede di procedura di gara ad evidenza pubblica, né tantomeno titoli/punteggi che dovessero far riferimento alla “esperienza acquisita” o al “know-how”[9]. Nel conferimento o nel rinnovo delle concessioni, devono essere escluse ipotesi di preferenza “automatica” per i gestori uscenti. Inoltre, il concessionario uscente che durante il proprio esercizio abbia commesso comportamenti rispondenti ai requisiti previsti dall’art.47 del Codice della Navigazione per la Decadenza della concessione, deve essere escluso dalle procedure di gara per l’assegnazione di nuove concessioni, fatta salva la facoltà di dimostrare in sede giudiziaria la propria estraneità ai fatti.


[1] Con concomitante proposta di approvare i seguenti emendamenti:

  • Al decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400 convertito con modificazioni dalla L. 04 dicembre 1993, n. 494 all’articolo 6 al comma 3 dopo le parole: “dopo aver acquisito il parere dei sindaci dei comuni interessati” inserire le seguenti: “, delle associazioni ambientaliste, delle associazioni a tutela dei consumatori”.

  • Alla legge 30 dicembre 2018, n. 145 all’articolo 1 dopo il comma 675 è inserito il seguente comma aggiuntivo: “Il decreto di cui al comma 675 è adottato sentite le associazioni portatrici di interessi generali in materia di ambiente, turismo e diritti dei consumatori”.
  • Alla legge 30 dicembre 2018, n. 145 all’articolo 1, il comma 678 è sostituito dal seguente: “Le amministrazioni competenti  per  materia,   cosi’   come individuate nel decreto di cui al comma 675,  provvedono,  entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione,  all’esecuzione delle attivita’ di cui ai commi 676 e 677, ciascuna per  gli  aspetti di rispettiva titolarita’. Per consentire ai comuni costieri la puntuale ricognizione e mappatura del litorale e  del  demanio costiero-marittimo di competenza, ivi comprese le necessarie verifiche amministrative riguardanti gli immobili su di esso insistenti, è stanziata una somma pari ad euro 10.000.000. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 675,  sono stabiliti i criteri e le modalità di attribuzione a ciascun comune costiero di una quota delle risorse stanziate, determinata in funzione dell’estensione del demanio nel territorio di rispettiva competenza, vincolata alla realizzazione delle suddette attività”.
  • Alla legge 30 dicembre 2018, n. 145 all’articolo 1, dopo il comma 684 aggiungere il seguente : “Alle attività propedeutiche all’adozione di normative, piani e programmi in materia di utilizzo del demanio marittimo, a ciascun livello di governo del territorio, è garantita la piena e sostanziale partecipazione delle associazioni maggiormente rappresentative in materia di turismo, tutela ambientale e dei consumatori mediante la costituzione di appositi tavoli di concertazione di carattere nazionale, regionale e comunale”.

[2] Per la seguente motivazione: i rapporti scientifici dei principali Enti pubblici per la tutela ambientale (Ispra, Cnr) rilevano un forte aggravamento dei fenomeni erosivi su gran parte delle coste italiane, ulteriormente minacciate dal costante innalzamento del livello del mare causato dai cambiamenti climatici in atto (MedECC). Di conseguenza quale presupposto essenziale per ogni progettualità di destinazione/utilizzo del demanio marittimo deve valere il principio di massima cautela per la prevenzione/attenuazione di tali fenomeni che possono, nel breve-medio termine, mettere a rischio la stessa esistenza degli arenili e delle aree costiere in generale. Va esclusa a priori la possibilità che la gestione ambientale delle spiagge possa essere delegata in tutto o in parte ai concessionari/utilizzatori a fini turistico-ricreativi: i Comuni nell’ambito del PUA devono emanare precise norme di tutela ambientale nei rispettivi territori di competenza, di concerto con le Regioni e sentita preventivamente la cittadinanza con modalità partecipative e coinvolta successivamente nel processo decisionale. Vanno escluse le soluzioni di protezione rigida della costa, quali barriere frangiflutti (emerse o sommerse), “pennelli” ecc. che si sono già dimostrate inefficaci o addirittura peggiorative nella difesa delle spiagge dall’erosione. L’eliminazione dalle spiagge dei manufatti in cemento o muratura, responsabili essi stessi in parte dei fenomeni erosivi, deve essere finalità prioritaria dei PUA, sentita e sollecitata in tal senso anche l’Agenzia del Demanio, e considerata punteggio premiale nelle assegnazioni delle spiagge. Analogamente andranno incentivate tutte le forme di “alleggerimento” delle strutture edilizie già presenti sugli arenili, favorendo la dislocazione in aree meno fragili dal punto di vista ambientale di tutte quelle attività non direttamente connesse con la balneazione, che spesso hanno assunto un peso insostenibile per la salute degli ecosistemi, soprattutto in termini di superfici occupate e di cubature realizzate.

[3] Con concomitante proposta di approvare il seguente emendamento:

  • Alla legge 30 dicembre 2018, n. 145 all’articolo 1 al comma 675, dopo le parole “sono fissati i termini e le modalità per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime” inserire le seguenti: “in modo da garantire un adeguato equilibrio tra aree demaniali marittime in concessione e aree libere o libere attrezzate, tale che le aree libere o libere attrezzate siano almeno pari al cinquanta per cento delle aree esistenti destinate alla balneazione”.

Le spiagge sono una risorsa scarsa, in particolare quelle pregiate e balneabili, e la equa distribuzione tra quelle in concessione e quelle di libera fruizione deve essere un caposaldo della normativa. I PUA/PUAD/PUD regionali e comunali dovranno quindi recepire questa norma nella pianificazione di utilizzo degli arenili, con l’obbligo di riportare progressivamente ma in tempi certi la quota delle spiagge di libera fruizione al minimo del 50%, laddove inferiore, anche con l’applicazione dell’art.42 del CdN, “Revoca delle concessioni” per motivi di pubblico interesse, oltre che con l’art.47 del CdN “Decadenza delle concessioni”, nei casi in esso previsti.

[4] Deve verificarsi un completo cambio di prospettiva nella gestione delle spiagge, che ritornano alla “governance” pubblica, che ha la responsabilità di coordinare le attività economiche in funzione della massima resilienza della fascia costiera ai fenomeni del cambiamento climatico e agli effetti dell’erosione. La concessione diviene uno strumento accessorio e non il “normale” utilizzo della spiaggia, la quale come demanio “necessario” “è direttamente e inscindibilmente connesso con il carattere pubblico della sua fruizione collettiva, cui è naturalmente destinato” (Ordinanza del CdS 2543/2015 Sez. VI).  La concessione dei soli servizi e non della superficie, decostruisce il teorema dell’utilizzo principalmente economico delle spiagge, che ha causato, anche con l’effetto nefasto delle proroghe, da un lato, la privatizzazione di fatto di gran parte della costa, dall’altro la devoluzione ai privati della (mala)gestione ambientale degli arenili, con la costruzione di opere inamovibili che ne occupano ormai molta parte.

[5] La procedura massimo quinquennale consente un sano e trasparente ricambio nella gestione dei servizi in concessione, evita la tendenza a effettuare investimenti per strutture aggiuntive, salvaguardando l’ambiente e il paesaggio, e stimola invece a fornire quei servizi legati essenzialmente allo sport e alle attività ludico-terapiche di balneazione. La gara ad evidenza pubblica invece di essere finalizzata a massimizzare gli introiti per il governo, dovrebbe essere quindi costruita in modo tale da far vincere il gestore in grado di offrire i servizi al minor costo possibile (muovendosi in sostanza verso un modello del tipo “spiaggia libera attrezzata”), garantendogli in ogni caso una remunerazione normale del capitale investito, cioè simile a quella di attività con analogo profilo di rischio. Anche la formulazione dei bandi ne risulterebbe semplificata, trattandosi di servizi produttivi semplici, a bassa intensità tecnologica. Instaurare una normale periodicità della procedura concorrenziale garantisce sia una alternanza di gestione economicamente (prezzi più bassi) e socialmente (favorendo imprese piccole/familiari del territorio) più favorevole, che un monitoraggio ambientale più efficace sul bene demaniale naturale.

[6] Il divieto di cessione di quote societarie pone un freno al “commercio occulto” delle concessioni. La cessione totalitaria delle quote di una società titolare di concessione demaniale marittima ha la medesima funzione economica della cessione dell’azienda sociale: tende a realizzare l’effetto giuridico del trasferimento dei poteri di godimento e disposizione dell’azienda sociale da un gruppo di soggetti (i partecipanti alla società che cedono le loro quote) ad un altro soggetto, o gruppo di soggetti, con la conseguenza che si è di fronte ad una vera e propria sostituzione dell’originario concessionario.

[7] Per consentire, in primis, il raggiungimento almeno della quota minima di spiagge di libera fruizione e, in secundis, il rispetto delle tutele ambientali e paesaggistiche attinenti i diritti costituzionali dei cittadini (salute, ambiente e paesaggio). Nella predetta pianificazione l’interesse generale espresso dal Comune, quale espressione della discrezionalità dell’Amministrazione concedente sottesa all’art. 49 del CdN, deve trovare adeguata collaborazione nelle altre Amministrazioni interessate, in particolare l’Agenzia del Demanio. In tal senso, anche le procedure di incameramento e valorizzazione dei manufatti, che le Agenzie del Demanio (nazionale e locali) eseguono, devono tenere in debito conto il primario interesse alla tutela ambientale e paesaggistica della spiaggia, che prevale su quello meramente contabile.

[8] Era già noto che le proroghe erano in contrasto con la normativa europea, prevalente su quella nazionale, quindi non vi poteva essere un affidamento sull’estensione delle concessioni. Sull’indennizzo relativo al valore d’impresa si è già espressa negativamente la Corte Costituzionale con la sentenza n. 157 del 7 luglio 2017, dove mette in luce la incertezza che caratterizza la definizione del “valore aziendale dell’impresa insistente sull’area oggetto della concessione”, “un coacervo dai confini incerti, suscettibile di comprendere, ad esempio, beni già in proprietà del concessionario uscente e beni, come quelli immobili, che in linea di principio dovrebbero risultare già automaticamente acquisti al demanio per accessione”. Una eventualità, quella dell’indennizzo, che, in ogni caso, costituisce un’eccessiva barriera all’ingresso dei nuovi concessionari.

[9] I vantaggi al concessionario uscente sono espressamente vietati dall’art. 12, paragrafo 2 della direttiva del 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), norma trasposta nell’ordinamento interno dall’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno). La stessa AGCM, nel documento del 28.10.1998 (AS152-AGCM Revisione concessioni amministrative, Appendice R), indica quali possibili fattori di alterazione del mercato “i casi di “leggi-fotografia”, nei quali il legislatore stesso identifica, direttamente o indirettamente, il concessionario” e “i casi di preferenza per il conferimento o per il rinnovo di concessioni (realizzata anche tramite l’indicazione del requisito dell’esperienza come criterio preferenziale) in quanto idonei a tradursi in un’asimmetria a favore dei soggetti che già operano sul mercato”.