La direttiva Bolkestein è un atto approvato dalla Commissione europea nel 2006  con l’obiettivo di favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra i vari Paesi dell’Unione Europea. Prende il nome da Frits Bolkestein, allora commissario per la concorrenza e il mercato interno. È stata recepita nell’ordinamento italiano nel 2010 (governo Berlusconi) e da allora ha suscitato molte proteste, in particolare per quello che riguarda l’obbligo di messa al bando delle concessioni di spazi pubblici e beni demaniali in scadenza.

Sino ad allora infatti molte concessioni venivano rinnovate a scadenza con un accordo diretto pubblico-privato, senza delle vere e proprie gare a cui avessero accesso anche altri operatori. I governi che si sono succeduti da allora, soprattutto dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha sanzionato la pratica del rinnovo automatico delle concessioni, hanno tutti rinviato un  “riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo” che recepisse l’obbligo delle gare, ricorrendo invece alla pratica delle proroghe generalizzate, l’ultima al 2033 con la legge di bilancio 145/2018, sanzionate dalla ordinanza della Corte Europea e recentemente anche dalla Commissione Europea con una lettera di messa in mora .

Ciò detto, riteniamo comunque utile ripercorrere i principali passaggi della vicenda, per meglio comprenderne le implicazioni sul diritto dei cittadini di veder tutelato anche il loro interesse.

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

La problematica connessa alle distorsioni alla concorrenza, conseguenti alla durata e al rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime, era stata evidenziata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato  (AGCM) già nella segnalazione AS481-AGCM del 20 ottobre 2008. Le disposizioni nazionali oggetto della segnalazione dell’AGCM erano le seguenti:

  • l’articolo 37, secondo comma, del codice della navigazione, il quale prevedeva che in presenza di più domande per il rilascio di una concessione demaniale marittima, venga riconosciuta preferenza al soggetto già titolare della concessione stessa (c.d. diritto di insistenza);
  • l’articolo 01, comma 2, del D.L. n. 400/1993, che prevedeva che le concessioni demaniali marittime avessero una durata di sei anni e fossero automaticamente rinnovate ad ogni scadenza per ulteriori sei anni, a semplice richiesta del concessionario, fatto salvo il diritto di revoca di cui all’articolo 42 del codice della navigazione.

L’Autorità riteneva che, per tutelare la concorrenza, sarebbe stato opportuno prevedere:

  • procedure di rinnovo e rilascio delle concessioni basate sulla valutazione dell’effettiva equipollenza delle condizioni offerte dal concessionario e dagli altri aspiranti sul piano della rispondenza agli interessi pubblici;
  • idonea pubblicità della procedura, al fine di riconoscere alle imprese interessate le stesse opportunità concorrenziali rispetto al titolare della concessione scaduta o in scadenza;
  • l’eliminazione di tutti gli elementi che avvantaggiano a priori il precedente concessionario.

L’AGCM, citando il Consiglio di Stato, affermava che il c.d. diritto di insistenza poteva essere compatibile con i principi comunitari di parità di trattamento, eguaglianza, non discriminazione, adeguata pubblicità e trasparenza solo qualora rivestisse carattere residuale e sussidiario, in una situazione di completa equivalenza tra diverse offerte.

Con riferimento al rinnovo automatico, l’Autorità riteneva che questo non stimolasse il concessionario a corrispondere un canone più alto per la concessione e ad offrire migliori servizi agli utenti, favorendo inoltre comportamenti collusivi fra i soggetti titolari delle concessioni. Per quanto riguarda la durata della concessione, osservava che non è necessario parametrarla al tempo occorrente per il recupero degli investimenti effettuati, essendo sufficiente che il valore degli stessi al momento della gara, fosse posto a base dell’asta.

Va detto, per completezza, che sul tema generale delle concessioni l’AGCM si era già espressa con chiarezza diversi anni prima, con la segnalazione AS152-AGCM “Misure di revisione e sostituzione di concessioni amministrative” del 28.10.1998, dove indicava (punto 3.5) quali possibili fattori di alterazione del mercato i casi di “leggi-fotografia“, nei quali il legislatore stesso identifica, direttamente o indirettamente, il concessionarioe “i casi di preferenza per il conferimento o per il rinnovo di concessioni (realizzata anche tramite l’indicazione del requisito dell’esperienza come criterio preferenziale) in quanto idonei a tradursi in un’asimmetria a favore dei soggetti che già operano sul mercato”.

Unione Europea: la procedura di infrazione e la risposta del legislatore nazionale

Successivamente alla segnalazione dell’AGCM, anche la Commissione europea è intervenuta sulla problematica in oggetto, inviando all’Italia, il 29 gennaio 2009, una lettera di messa in mora (procedura di infrazione n. 2008/4908) con riferimento alle medesime norme nazionali e regionali sopra illustrate, contestandone la compatibilità con il diritto comunitario e, in particolare, con il principio della libertà di stabilimento. La Commissione aveva ritenuto che tali norme costituissero una discriminazione per le imprese provenienti da altri Stati membri, che si trovavano nella condizione di essere ostacolati dalla preferenza accordata al concessionario uscente.

Facendo seguito all’avvio della procedura di infrazione, il 21 gennaio 2010 il Governo italiano ha notificato alla Commissione l’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009 (convertito nella legge n. 25/2010), volto ad adeguare le disposizioni del codice della navigazione oggetto di rilievi, eliminando, in particolare, la preferenza in favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni. Il comma 18 prevedeva inoltre che le concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015 fosseo prorogate fino a tale data.

Dopo aver esaminato la disposizione, la Commissione ha tuttavia tenuto ferma la procedura di infrazione, formulando ulteriori contestazioni all’Italia. In particolare, la Commissione ha rilevato alcune discrepanze tra il testo originario del D.L. n. 194/2009 e quello della relativa legge di conversione n. 25/2010, la quale recava, in particolare, un rinvio indiretto (non previsto nel testo del decreto legge) al sopra illustrato articolo 01, comma 2, del D.L. n. 400/1993. La Commissione ha ritenuto che tale rinvio, stabilendo il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni che giungevano a scadenza, privasse nella sostanza di effetto il D.L. n. 194/2009 e fosse contrario alla normativa UE, in particolare con riferimento all’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno (cosiddetta “direttiva servizi” o “Bolkestein”, dal nome del suo estensore Frits Bolkestein) e con l’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento.

Alla luce delle suddette considerazioni la Commissione decise, il 5 maggio 2010, di inviare all’Italia una lettera di messa in mora complementare con la quale chiedeva di trasmetterle, entro due mesi, le proprie osservazioni sui nuovi rilievi formulati.

In seguito agli ulteriori rilievi, con l’articolo 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010), è stato abrogato il già citato comma 2 dell’articolo 01 del D.L. n. 400/1993. Lo stesso articolo 11 ha inoltre delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime (nota: ancora non è stato emanato alcun provvedimento in tal senso). In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è stata chiusa in data 27 febbraio 2012.

Corte Costituzionale

Anche la Corte Costituzionale è intervenuta sulla problematica in oggetto, dichiarando costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali (Liguria 2017, Calabria 2019, Veneto 2020), che prevedevano proroghe delle concessioni demaniali marittime in favore dei concessionari in essere, per mancato rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento nazionale e eurounitario. Nel bocciare il provvedimento della Regione Calabria, la Corte Costituzionale ha riaffermato che «i criteri e le modalità di affidamento di tali concessioni debbono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza recati dalla normativa statale e dell’Unione europea». Inoltre, citando le sue precedenti pronunce, la Consulta ha ricordato che «sono state ritenute invasive di tale competenza esclusiva discipline regionali che prevedevano meccanismi di proroga o rinnovo automatico delle concessioni (ad esempio, sentenze n. 1 del 2019 e n. 171 del 2013), una durata eccessiva del rapporto concessorio (così ancora la sentenza n. 1 del 2019, nonché la sentenza n. 109 del 2018), l’attribuzione di una preferenza al concessionario uscente in sede di rinnovo (sentenze n. 221 del 2018 e n. 40 del 2017)».

La proroga al 31.12.2020

In attesa di un riordino complessivo del settore delle concessioni demaniali marittime, l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012, novellando il citato articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015.

continua


Fonte: Camera dei Deputati – Temi dell’attività parlamentare