Analizzate Spagna e Portogallo ci spostiamo nel territorio dei nostri vicini di casa d’ oltralpe e analizziamo come i francesi disciplinano il demanio  marittimo e i rapporti concessori.

Nell’ ordinamento giuridico francese il demanio marittimo rientra nel cosiddetto domaine pubblic, categoria di recente inserimento, che si contrappone al domanie prive’ . Esso è di competenza dello Stato e degli Enti territoriali e, nel caso in cui i beni del demanio pubblico siano finalizzati all’ uso pubblico diretto o per l’ esercizio di un servizio pubblico, degli ètablissements d’ utilitè public ( Enti di pubblica utilità).

La peculiarità dell’ esperienza francese risiede nel fatto che questa sia caratterizzata in modo evidente da una effettiva e stretta integrazione fra tutela del littoral ed interessi pubblici genarli e locali, urbanistici ed ambientali. Per tale valutazione si deve fare riferimento alla “ Loi relative a l’ amènagement, la protection et la mise en valeur du littoral”  ( Legge sul miglioramento, la protezione e lo sviluppo delle coste), chiamata anche “Loi du littoral” del 3 Gennaio 1986 che è stata pensata dal legislatore nazionale  proprio allo scopo di ordinare la varietà di interessi convergenti che gravitano su questa fascia di territorio maggiormente vulnerabile rispetto ai fenomeni urbani e di sfruttamento eccessivo.

Nel sistema francese il demanio marittimo è regolato, da ultimo, dal “Code général de la propriété des personnes publiques” (CGPPP), emanato con l’ordonnance 2006 – 460 del 21 aprile 2006. Questo provvedimento è entrato in vigore il 1° luglio 2006, dopo una lunga e complessa gestazione, ed ha abrogato pressoché interamente il previgente Code du domaine de l’Etat, riscrivendo la disciplina applicabile ai beni ed al patrimonio pubblico.  Il CGPPP dedica alcuni articoli al demanio marittimo, tra cui l’art. L2111-4 a mente del quale “il demanio pubblico marittimo naturale comprende il suolo ed il sottosuolo del mare compreso tra il limite esterno del mare territoriale e la riva del mare, il suolo e il sottosuolo degli stagni salati in diretta comunicazione con il mare, alcune tipologie di laghi salati e depositi alluvionali nonché le aree di territorio riservate in vista della soddisfazione di bisogni di interesse pubblico di ordine marittimo, balneare o turistico acquisiti dallo Stato”. Per conferire maggiore certezza giuridica alla individuazione dei beni appartenenti alla categoria e ridurre le possibilità di contenzioso a riguardo, il sistema francese ha previsto una ulteriore e più rigorosa procedura volta alla loro puntuale delimitazione. Vi sono, infine, alcune caratteristiche comuni a tutti i beni demaniali. L’art. L3111-2 stabilisce, infatti, che questi sono inalienabili e imprescrittibili, e precisa che il demanio marittimo, come quello fluviale, può essere riservato di diritto o concesso a terzi secondo i modi prescritti dalla legge.

In Francia, l’art. L2124-1 del “Code général de la propriété des personnes publiques” prevede che la decisione su quale uso ammettere per una certa porzione di demanio debba tener conto della vocazione delle zone interessate nonché di quelle limitrofe e, allo stesso tempo, degli obiettivi di conservazione del litorale e delle risorse biologiche ivi presenti. In tal modo, la discrezionalità dell’amministrazione competente riceve due criteri atti a guidarne, senza indebita compressione, la scelta di programmazione cui poi fa seguito l’esercizio delle funzioni di gestione dei beni. L’art. L2124-4 ribadisce anche nel sistema francese un principio generale presente in altri Paesi esaminati: l’accesso alle spiagge ed il loro uso devono essere liberi e gratuiti. Questa disposizione prevede, in specie, che l’accesso è libero salvo che non vi siano giustificati motivi di sicurezza, difesa nazionale o di protezione ambientale che giustifichino limitazioni particolari: l’uso libero e gratuito da parte della collettività costituisce, infatti, la finalità fondamentale delle spiagge così come la loro destinazione alle attività di pesca e maricoltura. Tale criterio, ai sensi del co. II dell’art. L2124-4, è applicabile anche alle concessioni di spiaggia, che devono in ogni caso preservare la libera circolazione e uso del litorale da parte del pubblico per un’area di ampiezza significativa lungo tutta la riva del mare. In proposito, l’art. L2124-4 contiene due ulteriori indicazioni: la prima  riguarda il rilascio e il rinnovo delle concessioni, che sono subordinati allo svolgimento di una inchiesta pubblica; la seconda riguarda i soggetti cui viene assegnata la concessione, che deve essere accordata, in via prioritaria, ai comuni o ad associazioni di più comuni e, qualora tali soggetti rinuncino al loro diritto di prelazione, a persone giuridiche pubbliche o private previa pubblicità della procedura ed  assegnazione concorrenziale. I principi descritti sono oggetto del décret n. 2006-608 del 26 maggio 43, che ha introdotto una nuova disciplina della concessione di spiaggia nel sistema francese. Il provvedimento imputa allo Stato, a mezzo del prefetto, il rilascio delle concessioni di spiaggia aventi ad oggetto lo sviluppo, lo sfruttamento e la conservazione di specifici tratti di litorale. In tutti i casi, il concessionario è autorizzato ad occupare una parte dello spazio concesso per l’installazione di strutture e lo sfruttamento di attività riconducibili al servizio pubblico balneare (art. 1, co. 1). Il decreto in esame ammette, inoltre, che il concessionario conferisca, a mezzo di apposita convenzione di sfruttamento, a uno o più sub concessionari lo svolgimento di tutte o parte delle attività oggetto del proprio titolo abilitativo, ivi compresa anche la percezione dei proventi dalle stesse derivanti. In questa ipotesi, la durata del titolo di subconcessione non può comunque  eccedere quella della concessione principale. Il successivo art. 2 pone ulteriori limiti alle concessioni di spiaggia rispetto a quelli di cui  all’art. L321-9 del Code de l’environnement, tra cui si segnala quello secondo il quale, rispetto alla superficie dell’area demaniale interessata, un minimo dell’80% della lunghezza del litorale e della spiaggia deve rimanere libera da qualunque struttura, equipaggiamento o installazione. A ciò deve  aggiungersi che, fatta eccezione per le strutture sanitarie e di sicurezza, sulle spiagge sono permessi  solamente equipaggiamenti e strutture amovibili o trasportabili, che non presentano alcun elemento  in grado di ancorarle in modo durevole al suolo e il cui valore sia compatibile con la finalità accordata al bene demaniale rispetto alla durata della sua occupazione. Questa previsione si lega  ad un altro disposto chiave del decreto, in base al quale ogni installazione fatta sulla spiaggia deve  essere concepita in modo da poter permettere, alla fine del periodo di vigenza del rapporto, il ritorno  dell’area allo stato iniziale.  Il sistema francese pare, dunque, fortemente orientato verso la tutela ambientale del demanio  marittimo e, allo stesso tempo, tende a favorire l’uso generale dei relativi beni rispetto alle altre  modalità di sfruttamento. Questa interpretazione è rafforzata dalla lettura di due principi. Il primo è  quello in base al quale la superficie della spiaggia deve essere libera da ogni struttura amovibile per  un periodo, definito nella concessione, che non può eccedere i sei mesi. Il secondo è riferito alla  possibilità che l’amministrazione concedente goda della facoltà di determinare le strutture  autorizzate sulla spiaggia in ragione dell’assetto e della frequentazione della medesima nonché del livello dei servizi offerti nelle aree limitrofe a quella oggetto di concessione.

Scelta del Concessionario

In Francia, il décret n. 2006/608 stabilisce che il procedimento per il rilascio della  concessione è condotto dal prefetto competente, cui spetta informare la collettività o l’associazione di comuni interessata dell’intenzione di operare un’assegnazione o un rinnovo oppure di aver ricevuto una domanda di assegnazione da parte di un soggetto non beneficiario del diritto di prelazione riconosciuto alle amministrazioni locali ed ai loro raggruppamenti (art. 5). A decorrere dalla data dell’informativa, gli interessati dispongono di due mesi per far valere il loro diritto e, in tal caso, entro sei mesi deve essere presentato al prefetto un dossier contenente i documenti di cui all’art. 5, co. 2, il quale sarà oggetto di un apposito procedimento amministrativo e di un’inchiesta pubblica. Se i diritti di preferenza non sono fatti valere, l’attribuzione della concessione è sottomessa ad una procedura di valutazione comparativa ai sensi dell’art. 38 della loi n. 93 – 122 del 29 gennaio 1993 (c.d. Loi Sapin), relativa alla prevenzione della corruzione e alla trasparenza della vita economica e delle procedure pubbliche. In entrambe le ipotesi considerate, al termine dell’inchiesta pubblica, il prefetto si pronuncia sulle domande di concessione pervenute e può decidere di assegnare il titolo nonostante sia stato espresso in sede di dibattito un avviso contrario, a condizione di motivare adeguatamente la sua scelta (art. 10). Qualora il concessionario sia un’amministrazione locale e la stessa deliberi di adottare una convenzione di sfruttamento, la disciplina di riferimento è quella della delegations de service public di cui agli artt. L. 1411-1 e seguenti del Code général des collectivités territoriales. Si tratta di una procedura concorrenziale sul genere delle procedure ristrette previste dal diritto comunitario. Se, invece, il concessionario non è un’amministrazione locale si applica una procedura di gara aperta, con la presentazione di più offerte concorrenti tra cui sarà scelta quella ritenuta migliore per  l’attività della sub concessione. Anche in questo caso, i progetti di convenzione sono sottomessi al  parere del prefetto (art. 14).

La durata delle concessioni. 

L’art. 1, co. 1, del décret n. 2006-608 stabilisce che la durata delle concessioni di spiaggia  finalizzate allo sfruttamento, sviluppo e manutenzione di specifici tratti di litorale non possa eccedere i dodici anni. Nulla si dice, invece, circa la durata temporale delle previste ipotesi di sub concessione, ma si è già detto che, ai sensi dell’art. 1, co.1 del décret, la loro scadenza non può eccedere quella del provvedimento principale. Si tratta, stando a quando visto per gli altri Paesi considerati, del termine di durata più breve ed anche dell’unico che non prevede eccezioni o casi di esenzione o deroga rispetto al disposto generale. In proposito, si è sostenuto che una tale stringente indicazione, nonostante sia inserita in un testo regolamentare e dunque non in una fonte primaria, ha validità solo in quanto riferita a concessioni rilasciate direttamente dallo Stato (a mezzo del prefetto) aventi ad oggetto beni su cui lo stesso ha chiara titolarità. Se si guarda, infatti, alle disposizioni generali sulle concessioni di cui alla già citata Loi Sapin, si può rilevare l’inesistenza di un termine massimo alla loro durata in valore assoluto, fatte salve alcune specifiche eccezioni. Peraltro, diverse circolari intervenute in materia avevano disposto che la durata delle concessioni in questione fosse, rispettivamente, di quindici anni per le spiagge naturali e di ben trenta per quelle artificiali: la previsione di cui al décret 2006- 608 ha comportato, quindi, una generalizzata riduzione dei titoli abilitativi già accordati alla loro  scadenza.  La breve durata della concessione di spiaggia nel sistema francese rappresenta un’eccezione rispetto agli altri contesti europei e trova giustificazione nelle già richiamate ragioni di tutela  ambientale e di necessaria attenzione per la conservazione dello stato dei beni demaniali marittimi, secondo principi che negli ultimi anni sono stati fortemente rivalutati e rafforzati anche dal diritto comunitario attraverso le norme in tema di gestione integrata delle coste. In buona sostanza i “francesi”  nella gestione del demanio marittimo ci insegnano a stare al mondo.

Avv. Roberto Biagini

Presidente Coordinamento Nazionale Mare Libero